Afghanistan - Italia: onde emotive in sicurezza

17.02.2022

Scappare di casa in tutta fretta, scavalcare un muro dell'aeroporto, per poi arrivare in un luogo sconosciuto che magari non si sa nemmeno indicare su una mappa. Questo è quello che è accaduto a fine agosto del 2021 alle persone afghane giunte in Italia e poi accolte nei CAS dislocati sul territorio italiano.

La Cooperativa Intesa Sociale si è trovata quindi nel mese di settembre ad affrontare una nuova sfida: attivare progetti di accoglienza e di supporto psicosociale a favore di decine di profughi, attuare procedure tempestive di valutazione dei bisogni, triage psicologico e screening al fine di attivare una rete di supporto in modo da incentivare i processi di autodeterminazione ed invidiare i soggetti a rischio per la presenza di sintomi da stress post-traumatico.

Il lavoro clinico con richiedenti asilo politico richiede la presa in considerazione dei fattori culturali e storico-politici che ne caratterizzano l'origine e il percorso migratorio, ma anche un'attenta valutazione del contesto di accoglienza. Questo è stato ancora più significativo in questa occasione, perché nella nostra Cooperativa sono arrivate famiglie, docenti universitari, giornalisti, ingegneri e professionisti di vario genere che al loro arrivo hanno sperimentato spaesamento e vissuti di minaccia legati ad episodi al limite della sopravvivenza. Il viaggio migratorio, forzato dalla precarietà delle condizioni in Afghanistan con la presa di potere dei talebani, ha messo in crisi l'identità personale di queste persone e ha richiesto l'adozione di strategie di adattamento e mediazione verso nuovi codici culturali.

In particolare, in seguito al primo momento di screening psicologico ho avviato la presa in carico in un percorso di consultazione e supporto psicologico di quindici persone, di cui due coppie di coniugi, tre nuclei familiari, quattro minori, giovani attivisti, giornalisti. Particolare attenzione è stata dati ai minori che sono stati inseriti in un percorso di libroterapia relazionale che ha consentito un tempo e un luogo per sostare, per mettere in parola, narrare, rintracciare una storia che ha rappresento un terreno fertile in cui piantare e far germogliare i semi identitari. Si è pensato di costruire per essi uno spazio-tempo in un contesto che contesse e sollecitasse l'attività del pensare della mente in modo creativo.

In generale, il lavoro clinico si è concentrato sul difficile compito di elaborare l'eredità emotiva, le appartenenze, il lutto per la separazione dal paese di origine e dalla propria matrice culturale.

L'equipe psico-socio-pedagogica, composta da assistenti sociali, psicoterapeuta, psicologa, mediatori culturali  e pedagogista ha lavorato in tandem per la creazione di un contesto capace di prendere in carico i bisogni di sicurezza degli ospiti afghani, garantire comprensione e supporto in una fase di passaggio estremamente critica.

A questa prima fase di accoglienza è seguita la presa in carico dei soggetti più vulnerabili, in particolare giovani impegnati nella difesa e ricostruzione del paese natio negli ultimi venti anni, nella difesa dei diritti delle donne e nella realizzazione di progetti prima impensabili. Una generazione colpita dagli eventi sociopolitici con notevole impatto emotivo pertanto la delusione, lo sconcerto, la rabbia e il senso di abbandono e di disperazione sono stati forti e disarmanti. 

A distanza di cinque mesi ho potuto osservare che la preoccupazione maggiore è, ad oggi, orientata sui riferimenti affettivi rimasti in Afghanistan. Vi è una certa tendenza a mettere una distanza con il recente passato e i trascorsi ansiogeni e stressanti correlati al viaggio migratorio, che può essere letto come una spinta evolutiva sana ad orientarsi al futuro per definire uno scenario esistenziale nuovo. Ad aspettative di un futuro sereno si alternano ansie legate allo sperimentarsi e ricostruirsi in un nuovo contesto, la paura di non trovare una ricollocazione professionale soddisfacente e costruire contesti relazionali di riferimento.

Dott.ssa Francesca Dafne Camarda

Psicologa

Intesa Sociale Società Cooperativa Sociale